IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul  ricorso n. 1298 del 1995,
 proposto dal sig. Vincenzo De Filippis, rappresentato e difeso  dagli
 avv.ti  Claudio  Dal  Piaz  e  Carlo  Emanuele Gallo ed elettivamente
 domiciliato presso lo studio del primo, in Torino, via S. Agostino n.
 12, contro il Ministero dell'interno, in persona del  Ministro  delle
 poste    e    delle   telecomunicazioni,   rappresentato   e   difeso
 dall'Avvocatura  distrettuale  dello Stato di Torino e nei cui uffici
 in corso Stati Uniti n. 45 e' domiciliato ex lege; per l'annullamento
 previa sospensiva, del decreto del Capo della polizia (comunicato con
 fonogramma pervenuto il 16 maggio 1995) con cui il  ricorrente  viene
 dimesso  dal  corso per la nomina in ruolo quale agente della polizia
 di Stato tenuto presso la Scuola agenti della  polizia  di  Stato  di
 Vicenza,   con  conseguente  cessazione  dal  servizio,  nonche'  per
 l'annullamento   degli   atti   tutti    antecedenti,    preordinati,
 consequenziali e comunque connessi con l'atto impugnato;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'Amministrazione
 dell'interno intimata;
   Viste le memorie presentate dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Giudice relatore il dott. Umberto Giovannini;
   Uditi, alla pubblica udienza del 9 aprile 1997, gli avv.ti  Claudio
 Dal  Piaz  e  Carlo  Emanuele  Gallo per il ricorrente e l'avv. dello
 Stato Guido Carotenuto per l'amministrazione resistente.
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con il ricorso n. 1298 del 1995, notificato il  29  giugno  1995  e
 depositato  il  5  luglio  1995, il ricorrente chiede l'annullamento,
 previa sospensiva, del decreto del Capo della  polizia,  con  cui  lo
 stesso  e'  stato dimesso dal corso per il conseguimento della nomina
 in ruolo quale agente della polizia di Stato tenuto presso la  Scuola
 agenti  della polizia di Stato di Vicenza, con conseguente cessazione
 dal  servizio,  nonche'   per   l'annullamento   degli   atti   tutti
 antecedenti,  preordinati,  consequenziali  e  comunque  connessi con
 l'atto impugnato.
   Il  ricorrente  ha  svolto  il  servizio  militare  di  leva  e  il
 successivo  anno di rafferma quale agente ausiliario della polizia di
 Stato.
   Al termine di quest'ultimo periodo, egli, ai sensi dell'art. 2  del
 decreto-legge  n.  325 del 1987, convertito in legge n. 402 del 1987,
 e' stato ammesso - a domanda - a frequentare il corso, avente  inizio
 in  data  3  aprile  1995, per il conseguimento della nomina in ruolo
 quale agente della polizia di Stato.
   Nel frattempo, nel mese di gennaio 1994,  il  ricorrente  e'  stato
 colpito  da leucemia mieloblastica acuta e, quindi, e' stato posto in
 aspettativa per infermita' dall'amministrazione.
   Sottoposto a trapianto  di  midollo  osseo  e,  successivamente,  a
 terapia immuno depressiva, egli ha conseguito la guarigione.
   In  data  31  marzo  1995  la commissione medica di seconda istanza
 presso il  Comando  di  servizio  sanitario  della  regione  militare
 nord-ovest  ha giudicato non ancora guarito il sig. De Filippis e gli
 accordato,   pertanto,   ulteriori   160   giorni   di   licenza   di
 convalescenza,  cosicche'  l'interessato non ha potuto frequentare il
 corso suddetto.
   In data 16 maggio 1995 veniva comunicata al ricorrente, l'adozione,
 da parte del Capo della polizia, del decreto che, ai sensi  dell'art.
 4  del  decreto-legge n. 325 del 1987, convertito in legge n. 402 del
 1987, lo escludeva dal corso e lo faceva cessare  dal  servizio,  per
 avere superato i trenta giorni di assenza dal corso stesso.
   Cio'   premesso   in   fatto,  il  ricorrente  deduce,  a  sostegno
 dell'impugnativa, i seguenti motivi in diritto.
   1. - Violazione di legge in riferimento all'art. 7 della  legge  n.
 241 del 1990.
   Il  provvedimento  impugnato e' stato adottato d'ufficio, senza che
 l'amministrazione comunicasse preventivamente al ricorrente, a  norma
 dell'art.  7  della  legge  n.  241  del  1990,  l'avvio del relativo
 procedimento.
   2.  -  Violazione  di  legge,  con  riferimento  all'art.   4   del
 decreto-legge  n. 325 del 1987;  convertito in legge n. 402 del 1987;
 eccesso di potere per travisamento dei fatti ed  erronea  valutazione
 dei  presupposti illogicita', difetto e/o insufficienza d'istruttoria
 e di motivazione (dedotta altresi', quale  violazione  di  legge,  ai
 sensi  dell'art.  3 della legge n. 241 del 1990), ingiustizia grave e
 manifesta.
   La disposizione di cui all'art. 4 del decreto-legge n. 325 del 1987
 - laddove prevede l'esclusione dal corso  di  chi  e'  assente  dallo
 stesso  per un certo periodo di tempo - non e' applicabile al caso in
 esame, dato che il ricorrente non  si  e'  assentato  dal  corso,  in
 quanto  non lo ha mai iniziato, essendo in aspettativa per infermita'
 alla data d'inizio dello stesso.
   Poiche' le ipotesi di decadenza - e i singoli  casi  di  dimissioni
 previsti  dal  citato  art.  4,  sono  ipotesi  di  decadenza  - sono
 necessariamente  di   stretta   interpretazione,   non   puo'   farsi
 applicazione  della  norma  per  un  ipotesi non prevista dalla legge
 medesima.
   3. - Illegittimita'  derivata,  per  illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 4 del decreto-legge n. 325 del 1987, convertito in legge n.
 402   del   1987,  con  riferimento  agli  artt.  3,  4  e  32  della
 Costituzione.
   Se l'interpretazione proposta  con  il  secondo  motivo  non  fosse
 accolta,  ritenendo pertanto applicabile la normativa di cui all'art.
 4 citato alla  fattispecie  in  esame,  detto  articolo  risulterebbe
 incostituzionale   in   riferimento  agli  artt.  3,  4  e  32  della
 Costituzione.
   Il diritto alla salute deve essere garantito a  ogni  cittadino  ed
 esso non puo' porsi in conflitto con l'altro diritto fondamentale che
 e' il diritto al lavoro.
   Nella   fattispecie   in   esame,   invece,   qualora   si   acceda
 all'interpretazione della normativa di cui  al  citato  art.  4  data
 dall'amministrazione,  il  diritto  alla salute confliggerebbe con il
 diritto al lavoro: o l'appartenente al corso si cura e cosi' operando
 perde il posto, oppure frequenta il corso e  non  puo'  assoggettarsi
 alle  cure  del  caso; il che, in ipotesi particolarmente gravi, puo'
 condurre a conseguenze letali.
   La norma e', inoltre, costituzionalmente illegittima in riferimento
 all'art.  3  della  Costituzione,  per  avere  introdotto  arbitrarie
 disparita' di trattamento senza alcuna giustificazione.
   Il  ricorrente  e'  un  dipendente pubblico, in quanto agente della
 polizia di Stato; non e' dato di comprendere perche', in  questa  sua
 qualita',  egli  possa  essere  regolarmente assente dal servizio, in
 aspettativa per infermita'  e  non  possa  per  tale  ragione  essere
 assente  o  non iniziare il corso di formazione, a pena di dimissione
 dal corso e, quindi, di espulsione dal corpo.
   Si   tratta   di   un   contrasto   di  disposizioni  insanabile  e
 assolutamente  ingiustificato;  se  l'assenza  per  malattia  non  e'
 incompatibile  con  lo status di agente di pubblica sicurezza, non si
 vede perche' sia incompatibile. con lo status di agente che frequenta
 il corso, dato che, inoltre, il  corso  stesso  viene  ripetuto  piu'
 volte  durante  l'anno  e  che,  quindi,  ben avrebbe potuto l'agente
 infermo essere ammesso a frequentare un corso successivo.
   La norma indicata, pertanto,  risulta  contrastante  con  l'art.  3
 della Costituzione e con il principio di ragionevolezza.
   4.  -  Eccesso  di  potere  per  travisamento  dei fatti ed erronea
 valutazione dei presupposti, illogicita', difetto  e/o  insufficienza
 di  istruttoria  e di motivazione; violazione di legge in riferimento
 all'art. 3 della legge n. 241 del 1990.
   Tra gli atti del  procedimento,  conclusosi  con  il  provvedimento
 impugnato, il ricorrente contesta anche l'ultimo giudizio espresso in
 data 31 marzo 1995 dalla commissione medica di seconda istanza.
   Il  giudizio  di non guarigione, ma di buona remissione dalla grave
 malattia  da  cui  e'   stato   affetto   il   ricorrente   (leucemia
 mieloblastica  acuta)  e'  del  tutto  contrastante con l'esito degli
 accertamenti ai quali il ricorrente si e'  sottoposto  e  che,  tanto
 presso il servizio di ematologia, quanto presso un medico specialista
 privato hanno certificato la sua completa guarigione gia' dal mese di
 gennaio 1995.
   L'accoglimento    della    censura    comporterebbe    per    vizio
 d'illegittimita' derivata, l'annullamento del decreto  impugnato,  in
 quanto, se fosse stata riconosciuta la guarigione del ricorrente egli
 ben avrebbe potuto partecipare al corso.
   Il   ricorrente   conclude  per  l'accoglimento  del  ricorso,  con
 ulteriore richiesta di  condanna  dall'amministrazione  al  pagamento
 delle spese processuali.
   Si  e' costituita in giudizio l'Amministrazione intimata, la quale,
 con  analitiche  memorie,  chiede  la  reiezione  del   gravame   per
 infondatezza dei motivi proposti, vinte le spese.
   Con ordinanza n. 586 del 27 luglio 1995, il tribunale accoglieva la
 domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato.
   Con  successiva  ordinanza  n.  648  del  5  giugno  1996, venivano
 disposti incombenti istruttori, ai  quali  l'amministrazione  gravata
 ottemperava, depositando, nei termini, la documentazione richiesta.
   Con  ordinanza  n.  764  del  3 luglio 1996 il tribunale accoglieva
 l'istanza  del  ricorrente  diretta  ad  ottenere  l'attuazione   del
 provvedimento cautelare.
   Alla  pubblica udienza del 9 aprile 1997 la causa e' stata chiamata
 e, su concorde richiesta delle parti,  e'  stata  trattenuta  per  la
 decisione, come da verbale.
                             D i r i t t o
   Con  il ricorso indicato in epigrafe, il sig. Vincenzo De Filippis,
 agente  ausiliario  della  polizia  di  Stato,  impugna,  chiedendone
 l'annullamento,  il decreto del capo della polizia con il quale egli,
 a norma dell'art.  4, punto 1, lettera d) e punto 5 del decreto-legge
 n. 325 del 1987, convertito in  legge  n.  402  del  1987,  e'  stato
 dimissionato  dal  corso  per  il conseguimento della nomina in ruolo
 quale agente della polizia di  Stato  ed  e'  stato  conseguentemente
 dichiarato cessato dal servizio a decorrere dal 9 maggio 1995, avendo
 effettuato piu' di trenta giorni di assenza dal suddetto corso.
   Giova  premettere  che  i  punti  della  norma in questione, dianzi
 evocati, dispongono che: "- 1.  Sono  dimessi  dal  corso:..  d)  gli
 allievi  e  gli  agenti  di  polizia  ausiliari, che siano stati, per
 qualsiasi motivo assenti dal corso per piu' di trenta  giorni,  anche
 non   consecutivi...";  "5.  La  dimissione  dal  corso  comporta  la
 cessazione di ogni rapporto con l'amministrazione.
   Il  ricorrente,  gia'  affetto  da  leucemia  mieloblastica  acuta,
 malattia  dalla quale, dopo intervento di trapianto del midollo osseo
 e cura immunodepressiva, egli e'  risultato  guarito,  alla  data  di
 inizio del corso per la nomina in ruolo quale agente della polizia di
 Stato,   non   poteva   parteciparvi  essendo  stato  precedentemente
 collocato in licenza di convalescenza su giudizio  della  commissione
 medica di seconda istanza.
   Egli   ritiene  illegittimo  l'impugnato  decreto  del  capo  della
 polizia, sia perche' l'amministrazione non gli ha comunicato  l'avvio
 del  procedimento  ai  sensi dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990,
 sia perche', al caso di specie, in  cui  il  ricorrente  non  ha  mai
 frequentato  il  corso  in  quanto  in  aspettativa per malattia, non
 sarebbe applicabile la  normativa  di  cui  all'art.  4  citato,  che
 presuppone un'assenza dal corso medesimo.
   Le censure sono entrambe infondate.
   La   prima   perche'   l'amministrazione,  una  volta  ricevuta  la
 comunicazione,  da  parte  della  scuola,  che  l'interessato   aveva
 superato  il  limite  di  trenta  giorni  di  assenza  dal corso, era
 vincolata, stante il chiaro enunciato della  norma  sopra  riportata,
 all'emanazione   del  provvedimento  di  esclusione  dal  corso,  con
 conseguente  cessazione  dal  servizio  dell'allievo,   non   essendo
 legislativamente   prevista,  riguardo  a  tali  fattispecie,  alcuna
 attivita'  procedimentale  da  espletare  da  parte  della   pubblica
 amministrazione,   ne'   alcuna  discrezionalita'  nell'adozione  del
 provvedimento da parte del capo della polizia.
   In ogni caso, poi, risulta in atti che  l'interessato  ha  ricevuto
 formale  comunicazione, da parte dell'amministrazione dell'interno (e
 non  dalla  scuola,  come  erroneamente  ritenuto   dal   ricorrente)
 dell'adozione del provvedimento impugnato.
   La  seconda  censura  si  appalesa parimenti infondata, dato che il
 legislatore ha ritenuto rilevante, ai fini dell'esclusione dal corso,
 l'assenza  dal  medesimo  per  piu'  di  trenta  giorni   anche   non
 consecutivi,  indipendentemente, quindi, sia dai motivi dell'assenza,
 che dal periodo del corso in cui  essa  si  verifica,  per  cui  tale
 disposizione   risulta   applicabile   anche   allorquando  l'assenza
 dell'agente regolarmente iscritto al corso, coincida con l'inizio  di
 quest'ultimo.
   Il  quarto  motivo di ricorso e' inammissibile, attesa l'assenza di
 alcun vincolo di connessione procedimentale tra il decreto  del  capo
 della  polizia  impugnato  e  il  giudizio di "buona remissione della
 malattia" e non di "guarigione" espresso dalla commissione medica  di
 seconda  istanza  (con conseguente invio del ricorrente in licenza di
 convalescenza per giorni 160).
   La natura di atto dovuto del decreto del capo  della  polizia,  cui
 non  si  ricollega,  come  si  e'  detto,  alcuna pregressa attivita'
 procedimentale da  parte  dell'amministrazione,  impedisce  che  tale
 connessione,   addirittura  con  vincolo  di  presupposizione,  possa
 ravvisarsi rispetto al predetto giudizio medico.
   Tale  ultimo atto fa parte, infatti, della diversa e autonoma serie
 procedimentale  connessa  all'indisponibilita'   per   malattia   del
 pubblico  dipendente  e,  nel  caso di specie, dell'agente ausiliario
 della polizia di Stato, cui appartengono, tra  gli  altri  anche  gli
 atti  di  invio in licenza di convalescenza dell'agente infermo, e il
 giudizio d'idoneita' a riprendere servizio.
   Con  il  terzo  motivo   il   ricorrente   solleva   eccezione   di
 illegittimita'  costituzionale  dell'art.  4,  punto  1, lettera d) e
 punto 5 del decreto-legge n. 325 del 1987, convertito in legge n. 402
 del 1987, in riferimento agli artt. 3, 4  e  32  della  Costituzione,
 nella parte in cui la suddetta norma prevede che l'assenza dal corso,
 per  qualsiasi  motivo  (e,  quindi,  anche  l'assenza per malattia),
 protrattasi per piu' di trenta giorni,  comporta  automaticamente  la
 cessazione di ogni rapporto tra l'agente e l'amministrazione.
   Il collegio ritiene, al riguardo, che sia palese la rilevanza della
 questione ai fini della decisione della presente controversia, atteso
 che  l'accertata  infondatezza  di tutte le altre censure ricorsuali,
 comporterebbe la reiezione del gravame.
   L'eccezione risulta, inoltre, non manifestamente  infondata,  anche
 se  la  questione va proposta - a giudizio del collegio - per profili
 in parte diversi  e  ulteriori  rispetto  a  quelli  evidenziati  dal
 ricorrente.
   Il   collegio  ritiene  che  la  normativa  di  cui  si  dubita  la
 conformita' alla Costituzione, sia in contrasto con il  principio  di
 uguaglianza  di  cui all'art. 3 della Costituzione e con il principio
 di necessaria ragionevolezza della legge,  contenuto  nella  medesima
 disposizione.
   Questo  tribunale, peraltro, non ignora che la Corte costituzionale
 con le ordinanze n. 297 del 13 luglio 1994 e n.  140  del  27  aprile
 1995  ha  gia'  ritenuto  la  disposizione  in  parola  conforme alla
 Costituzione e, in particolare ai  principi  di  cui  e'  espressione
 l'art.   3   della   medesima,   avendo   affermato,   tra   l'altro,
 "l'inidoneita' delle situazioni invocate come termini di confronto ad
 essere assunte quali tertia comparationis".
   In  questa  sede,  peraltro,  il  collegio  intende  riproporre  la
 questione   di   costituzionalita'  della  norma,  in  riferimento  a
 situazioni diverse da quelle precedentemente esaminate dalla Corte ed
 evidenziate allo stesso punto 1, lettera d) dell'art.  4:  infermita'
 contratta   dall'agente  ausiliario  durante  il  corso  a  causa  di
 esercitazione pratica e, per gli allievi agenti di  sesso  femminile,
 l'assenza per maternita'.
   In  primo  luogo  il collegio ritiene, concordando sul punto con la
 pertinente eccezione di parte ricorrente, che vi sia  violazione  del
 citato  principio di uguaglianza laddove l'amministrazione, mentre da
 un lato consente agli agenti ausiliari  della  polizia  di  Stato  il
 mantenimento  in  servizio  anche  in  caso  di  assenza per malattia
 eccedente  i  trenta  giorni  (non  essendovi  alcuna  norma  che  ne
 determini,  per  tale  motivo,  l'immediata cessazione dal servizio),
 dall'altro prevede per quegli stessi agenti che  stiano  frequentando
 il corso per il conseguimento della nomina in ruolo e che si ammalino
 per   piu'  di  trenta  giorni  anche  non  consecutivi,  l'immediata
 cessazione da ogni rapporto con l'amministrazione.
   I dipendenti pubblici, anche se non di ruolo, quali sono gli agenti
 ausiliari della polizia di Stato, non possono essere discriminati tra
 loro,  ai  fini del loro mantenimento in servizio, unicamente in base
 al tipo di attivita' che stanno espletando.
   Se l'assenza per malattia non e' incompatibile  con  lo  status  di
 agente  della polizia di Stato, non si vede perche' sia incompatibile
 con lo status di agente che frequenta il corso per  il  conseguimento
 della nomina in ruolo.
   Sotto  diverso  profilo,  il  principio di uguaglianza risulterebbe
 inoltre vulnerato, a giudizio di questo tribunale, in riferimento  ai
 diversi  e  opposti  effetti  previsti  dalla  norma in questione per
 posizioni fra loro del tutto coincidenti,  quali  sono  quelle  degli
 agenti  ausiliari  partecipanti  al  corso  che  abbiano  accumulato,
 rispettivamente, un'assenza  per  malattia  di  trenta  giorni  e  di
 trentuno giorni.
   Infatti,   se  nel  primo  caso  l'agente  ha  la  possibilita'  di
 continuare il corso ed e' mantenuto in servizio, nel secondo caso, un
 giorno in piu' di assenza  giustificata  per  malattia  comporta  sia
 l'esclusione  dal  corso che l'automatica cessazione da ogni rapporto
 con l'amministrazione.
   Ora, se risulta logica e necessaria l'introduzione nel  sistema  di
 una  discriminazione  temporale  ai  fini  di  determinare il periodo
 massimo  di  assenza  oltre  il  quale   risulterebbe   impedita   la
 possibilita' stessa per l'amministrazione di valutare la preparazione
 e l'idoneita' degli agenti partecipanti al corso, tale scelta operata
 dal  legislatore  risulta  del  tutto irrazionale e irragionevolmente
 discriminatoria se ad essa e  al  superamento  del  limite  temporale
 previsto dalla norma, e' automaticamente connessa anche la cessazione
 dal  servizio  dell'agente  come previsto inequivocabilmente dal gia'
 citato punto 5, dell'art.  4.
   D'altra parte non risulta nemmeno che la cessazione del rapporto di
 lavoro sia l'unica strada percorribile dall'amministrazione in simili
 casi, avendo la stessa la concreta possibilita' - ora preclusa  dalla
 normativa  in  questione  -  di  iscrivere  l'agente, la cui malattia
 risulti comprovata da pertinente certificazione  medica,  a  uno  dei
 successivi corsi indetti periodicamente dalla stessa amministrazione.
   L'irrazionalita'  della  disposizione di cui all'art. 4 punto 5, si
 manifesta anche, ad avviso del collegio, nell'equiparare, quanto meno
 nell'effetto della cessazione del rapporto di lavoro,  fattispecie  -
 quali  quelle  contemplate  al punto 1 del predetto art. 4, del tutto
 diverse tra loro.
   Se, infatti, non  pare  illogico  riconnettere  la  cessazione  dal
 servizio,  oltre  che  l'esclusione  dal  corso,  ai casi in cui o e'
 l'agente a  manifestare  univocamente  il  proprio  disinteresse  per
 l'attivita' addestrativa (assenza volontaria, rinuncia o e' la stessa
 amministrazione   ad   adottare  un  giudizio  negativo  sull'allievo
 (mancato  superamento  degli   esami   finali,   inidoneita'),   tale
 illogicita'   risulta   palese   nella  differente  fattispecie,  pur
 indistintamente ricompresa nell'enunciato di cui al punto 1), lettera
 d), dell'art. 4, di assenza dal corso per  malattia  protrattasi  per
 oltre trenta giorni.
   In  tale  situazione,  infatti  non  e'  dato  rinvenire alcuno dei
 presupposti  dianzi  precisati  che  giustificano  la  misura   della
 cessazione dal servizio dell'agente ausiliario.
   Il  tribunale ritiene, inoltre, in cio' concordando con la puntuale
 eccezione sollevata dalla difesa del ricorrente, che la normativa  in
 parola   sia   in  contrasto  anche  con  gli  artt.  4  e  32  della
 Costituzione, che tutelano, rispettivamente, il diritto al  lavoro  e
 il diritto alla salute dei cittadini.
   Sono  ambedue  diritti  fondamentali  del  cittadino  che, nel caso
 riportato, per effetto della normativa di cui  il  collegio  sospetta
 l'incostituzionalita', vengono irrimediabilmente e irrazionalmente in
 contrasto tra loro.
   Per   effetto  dell'art.  4  del  decreto-legge  n.  325  del  1987
 convertito in legge n. 402 del  1987,  infatti,  o  l'agente  che  si
 ammala provvede a curarsi e, quindi, non partecipando al corso, perde
 il  posto  di  lavoro;  decide,  ove  la  malattia  lo  consenta,  di
 partecipare allo  stesso  e  trascura  di  curarsi,  con  conseguente
 nocumento alla salute.
   La   norma   che   consente  siffatto  contrasto  tra  due  diritti
 fondamentali del cittadino,  entrambi  costituzionalmente  garantiti,
 non  puo'  trovare  posto,  a  giudizio  del  collegio,  nell'attuale
 ordinamento italiano,  dal  quale  andrebbe,  pertanto,  espunta,  in
 ragione  della  sua  difformita'  con  gli  artt.  4 e 32 della Carta
 Costituzionale e del fatto che la sua sopravvivenza non pare  trovare
 giustificazione  nell'esigenza  di  bilanciamento  con altri principi
 costituzionali  quale,  ad  esempio,  quello  di  buon  andamento  ed
 efficienza  dell'amministrazione,  nei  cui  confronti, la tutela dei
 suddetti diritti fondamentali, possa considerarsi recessiva.
   La norma in questione pare confliggere, anzi,  proprio  con  l'art.
 97,   primo  comma  della  Costituzione,  espressione  del  ricordato
 principio di efficienza e di buon andamento della p.a.
   La disposizione in parola, infatti, e' compresa in una legge che ha
 inteso,  seppure  in  via  provvisoria,  rivedere,  tra  l'altro,  la
 disciplina e la durata dei corsi per l'accesso ai ruoli della polizia
 di Stato.
   La  legge  n.  402 del 1987 prevede, infatti, che per un periodo di
 quattro anni (ma tale termine e' stato ulteriormente prorogato di  un
 quadriennio  dall'art.  5  del  decreto-legge n. 276 del 1990), dalla
 data di entrata in vigore della stessa, gli  agenti  ausiliari  della
 polizia  di  Stato  che abbiano ottenuto la rafferma per un ulteriore
 anno rispetto a quello relativo al servizio di leva e che ne facciano
 richiesta, possano essere ammessi nel ruolo degli agenti di  polizia,
 previa  frequenza di un corso della durata di quattro mesi, durante i
 quali  sono  sottoposti  a  selezione  attitudinale  per  l'eventuale
 assegnazione ai servizi che richiedono particolare qualificazione.
   La  normativa  in  esame,  attraverso la riduzione della durata dei
 corsi  di  formazione,  ha  inteso   incrementare   l'assunzione   di
 considerevoli contingenti di agenti nella polizia di Stato.
   Nel  caso  specifico  degli  agenti ausiliari, l'amministrazione ha
 voluto potenziare il contingente delle Forze di polizia, attingendo a
 una categoria  di  soggetti  che,  avendo  gia'  svolto  il  servizio
 militare  di  leva  quali  agenti ausiliari della polizia di Stato ed
 avendo ottenuto la possibilita' di un ulteriore anno di  rafferma  in
 tale   posizione,   ha   gia'   acquisito   un   certo   livello   di
 professionalita' nell'espletamento di tali delicate mansioni.
   In  siffatto  contesto normativo, la cui ratio e' proprio quella di
 ottenere un incremento del  numero  degli  agenti  della  polizia  di
 Stato,  appare  in contrasto con il principio di efficienza e di buon
 andamento   della   pubblica    amministrazione,    il    ricollegare
 automaticamente  a  fatti  del  tutto indipendenti sia dalla volonta'
 dell'interessato che  dell'amministrazione  -  qual'e'  lo  stato  di
 infermita'  dell'agente partecipante al corso protrattosi per piu' di
 trenta giorni  -  la  cessazione  di  questi  da  ogni  rapporto  con
 l'amministrazione.
   In  tal  maniera, infatti, l'amministrazione si priva - senza alcun
 plausibile motivo - e senza averne potuto vagliare la preparazione  e
 l'idoneita',   di   soggetti  gia'  dotati  di  una  non  irrilevante
 esperienza lavorativa biennale quale agenti  ausiliari  raffermati  e
 nei  confronti  dei  quali  la stessa amministrazione - per almeno un
 biennio - ha  investito  risorse  sia  materiali  (stipendio,  vitto,
 alloggio etc.)  che umane (attivita' di addestramento).
   Ne'  la  cessazione  dal  servizio  dell'agente  infermo puo essere
 giustificata, ad avviso  del  tribunale,  quale  misura  per  evitare
 possibili  abusi  o  strumentalizzazioni  ostative  ad  una  corretta
 selezione,  atteso  che,  trattandosi  di  assenze  per  malattia  di
 pubblici  dipendenti,  gli eventuali abusi in subiecta materia devono
 trovare efficace repressione, non gia' dimettendo dal Corpo tutti gli
 agenti incolpevolmente infermi per piu' di trenta giorni, ma con  gli
 ordinari sistemi di controllo gia' previsti dall'ordinamento.
   La  norma in questione; pertanto, confligge, a parere del collegio,
 con i prefati parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 4,  32  e
 97,  primo  comma della Costituzione, nella parte in cui essa prevede
 la cessazione da ogni rapporto con l'amministrazione (non  escludendo
 espressamente tale caso) anche per gli agenti ausiliari della polizia
 di   Stato  che  per  motivi  di  malattia  si  assentano  dal  corso
 quadrimestrale per piu' di trenta  giorni,  impedendo,  pertanto,  ai
 medesimi,   di  partecipare  ad  uno  dei  successivi  corsi  indetti
 dall'amministrazione.
   Per le ragioni suesposte deve essere disposta la  remissione  degli
 atti  alla  Corte  costituzionale  e,  conseguentemente,  deve essere
 sospeso il presente giudizio.